Ai fini dell’utilizzazione alimentare i frumenti si distinguono in due specie: teneri e duri. I primi, di aspetto farinoso al taglio e facilmente sfarinabili, sono usati principalmente per la produzione di farine da panificazione o, in genere, per prodotti da forno. I secondi, che alla frattura presentano un colore ambrato e frattura vitrea, servono per ricavare semole e semolati destinati alla produzione di pasta alimentare.
Il glutine è un complesso proteico plastico che si organizza nell’impasto secondo una fitta rete in grado di sostenere gli altri componenti e dare volume ai prodotti da forno. L’importanza del frumento nasce dalla presenza nell’endosperma di due proteine, gliadina e glutenina, che a contatto con l’acqua dell’impasto danno origine al glutine.
Prendendo come riferimento la qualità panificabile della farina (ossia la sua destinazione d’uso) si è soliti individuare tre categorie:
In merito si parla di prepulitura, prima e seconda pulitura. La prepulitura riguarda i trattamenti effettuati sul grano in arrivo ai silos; la prima e seconda pulitura riguardano invece i trattamenti cui il grano è sottoposto prima dell’inizio della macinazione. La prepulitura comprende in pratica un trattamento sommario a carattere preliminare destinato ad eliminare scarti grossolani. La prima e seconda pulitura hanno invece lo scopo prevalente di eliminare impurità vegetali o minerali dal cereale.
Il germe di grano (detto anche “embrione”) costituisce l’apparato germinativo del chicco. E’ collocato alla base del seme. Nel processo di macinazione il germe viene solitamente eliminato per evitare problemi di irrancidimento della farina.
Il ciclo di operazioni preparatorie alla macinazione comprende il cosiddetto “condizionamento” che consiste nell’umidificare la parte superficiale del grano e relativa sosta di riposo. La finalità principale di questa operazione è conferire alla parte corticale del chicco una certa elasticità, diminuirne la fragilità originaria e rendere più facile il distacco dell’endosperma (farina) dalla parte corticale durante la macinazione, in modo da permettere la produzione di farine più bianche.
Le cause che determinano una cattiva conservazione degli sfarinati dipendono essenzialmente dalle modalità di stoccaggio, dalla temperatura e umidità dell’ambiente in cui sono conservati. Le alterazioni più pronunciate si hanno quando i fattori sopra elencati vengono a sommarsi, soprattutto in concomitanza con le temperature elevate e l’umidità dei mesi estivi.
La farina si conserva a temperatura ambiente. E’ buona norma però conservare i pacchetti sigillati in luoghi freschi, asciutti, ben aerati, lontani da fonti di luce e di calore. Le confezioni non devono essere a contatto con pavimenti, pareti o prodotti non alimentari che potrebbero facilmente trasmettere odori e sapori estranei. Una volta aperta una confezione, sarebbe buona norma travasare e conservare la farina non utilizzata in un contenitore chiuso.
Le farine sono costituite da sfarinati impalpabili. Semola e graniti, sono invece costituiti da particelle dell’endosperma più dure, non sfarinate, ricavate rispettivamente da grani duri e teneri.
Le “ceneri” sono il residuo della combustione ed incenerimento di un prodotto, pertanto esprimono il tenore di sali minerali. Questo valore rappresenta un indice analitico importante per la classificazione commerciale delle farine. Nelle farine il tenore di ceneri varia a seconda del grado di abburattamento. I sali minerali sono presenti prevalentemente nella parte corticale del chicco e sono rappresentati da cationi (calcio, magnesio, sodio, potassio) e da anioni (fosfati, solfati).
Si chiama “grado di abburattamento” o “tasso di estrazione” la quantità di farina ricavabile da 100 kg di cereale. In genere il grado di abburattamento di una farina normale è di 70-77% circa. Quanto più il grado di abburattamento è basso, tanto più la farina risulta bianca e povera di elementi naturali (ceneri); viceversa, quanto più è alto il grado di abburattamento, tanto più la farina si presenta meno bianca per la presenza di parti cruscali e tanto più ricca di elementi minerali.
Le analisi sugli sfarinati si possono suddividere in quattro gruppi:
La shelf-life è la durata commerciale (vita a scaffale) di un prodotto conservato in condizioni appropriate.
E’ uno strumento che permette di valutare la qualità del grano e della farina. L’impasto viene sottoposto a rigonfiamento per mezzo dell’aria. Lo strumento registra la pressione che crea all’interno della bolla di impasto. Dal grafico si ricavano i seguenti risultati:
P = indice di tenacità dell’impasto;
L = indice di estensibilità;
W = indice della forza della farina correlato alla superficie della curva;
P/L = rapporto numerico tra tenacità ed estensibilità;
Il farinografo è un apparecchio per mezzo del quale vengono misurate alcune proprietà fisiche delle farine. In pratica l’apparecchio misura la resistenza che l’impasto oppone alla lavorazione. Da questa analisi ricavano i seguenti risultati:
A = percentuale di acqua assorbita;
B = sviluppo dell’impasto;
C = stabilità dell’impasto;
D = elasticità ed estensibilità dell’impasto;
E = rammollimento dell’impasto.
Si valutano con attenzione i seguenti parametri: forma, volume, porosità, umidità, crosta, affettabilità, odore e sapore.
Il peso ettolitrico, o peso specifico apparente, è il peso di un ettolitro di cereale espresso in chilogrammi (kg/hl). La misurazione è effettuata con una bilancia pesagrani provvista di un apposito contenitore per i chicchi. Questo valore è un indice delle caratteristiche qualitative e tecnologiche di determinate varietà di cereali ed è proporzionale alla resa di macinazione.
I vantaggi che si possono ottenere utilizzando farine forti o comunque di buona qualità panificabile sono i seguenti: un maggiore assorbimento dell’impasto;
un incremento della resa in panificazione;
un ciclo di lavorazione e in particolare tempi di lievitazione più lunghi;
un prodotto con caratteristiche sensoriali superiori;
una maggiore fragranza del prodotto finito;
possibilità di supportare farciture o altri ingredienti “pesanti”;
migliore conservazione del prodotto finito.
Le micotossine sono metaboliti secondari prodotti da funghi delle piante o agenti di ammuffimento delle derrate alimentari in grado, se ingeriti da animali o dall’uomo, di dare luogo a patologie acute o croniche. Il livello di contaminazione dei cereali dipende dall’andamento climatico dell’annata e dalla località di coltivazione.